venerdì 12 marzo 2021

ALBERTOSORDI

Sei entrato con il tuo accento ciociaro e la voce baritonale da imbonitore alla Alberto Sordi, a vendermi un pennarello indelebile e un bloc notes.

Alle mie proteste di diniego, il tuo sguardo, sdrucito come i tuoi vestiti: 

Non disturbo nessuno, non faccio rumore -

Ti ho elargito spiccioli di comprensione colpevole.

Hai insistito nel lasciarmi il pennarello “di grande qualità” hai sottolineato “affidabile, come me”.

Mi hai confessato, in tono professionale, che ti trovi in un momento di difficoltà.

Sembrava quasi di sentire lo speaker della borsa che descrive un ribasso azionario.

Ho annuito, compreso, quasi fossimo due investitori che dissertano del loro portafoglio di investimenti.

Dopo, ho dovuto bere forte, per dimenticarti, per dimenticarmi.

Sono stanco di vedere persone come te, stanco di leggere quella pacata disperazione, quegli occhi miti e sperduti, che cercano di illuderti in un futuro migliore. 

E’ solo un momento di passaggio, domani sarà meglio -

Sono stanco di lasciare monetine nelle mani di un altro che ha le mie stesse mani, la stessa faccia.

Sei entrato, come uno dei tanti. Sapevo già quello che chiedevi, sapevi già le mie obiezioni.

Allora, perché rimani? Perché inciampo sulla tastiera, a ricordarti con rabbia?

Albertosordi, scritto tutto attaccato, ho paura che la tua immagine si rifletta nella mia, e, forse, ne ho un oscuro presentimento. 

Sei il selciato sconnesso del vicolo, sei il lamento dell’ubriaco accovacciato per terra, la saracinesca del bar che sta chiudendo, la puttana che ti chiama, senza speranza.

Sei tutti i ricordi che volevo dimenticare, e ritornano, con un timido sorriso di scuse.

Sei solo un accidente di passaggio. Domani andrà meglio.


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