mercoledì 3 marzo 2021

BISANZIO



Bisanzio è deserta, nella giornata tiepida di primavera.

Le sue imbattute mura si alzano immobili nella attesa dell'esercito che il Gran Turco ha predisposto per la sua conquista.

Dentro i palazzi dedicati agli Uffici Pubblici uno stuolo di burocrati stila le procedure del Protocollo da osservare in queste occasioni.

Con malcelata soddisfazione si fanno affiggere gli editti pomposamente redatti in un greco arcaico sempre meno comprensibile, mentre le folle che leggono lamentano la mancanza delle corse dei cavalli, interrotte da quasi due mesi.

Tutto tornerà alla normalità, affermano i ministri del culto, basta osservare le disposizioni.

Il caldo estivo farà disciogliere le truppe dell'invasore.

I teologi litigano ancora sopra la consustanzialità del Nume, mentre l'imperatore giace nascosto nella sua reggia, tra labirinti di anticamere e riti di abluzione.

Il mare del Bosforo brilla come se fosse un giorno normale: il giorno del popolo, dei prelati, le loro leggi complicate ed inutili, il rituale del potere che fissa perennemente allo sguardo il suo ombelico.

La città assediata nega il suo imminente crollo mente prepara le processioni del suo funerale.

A nessuno interessa il futuro, poiché è fatto di materia grezza, faticosa e volgare.

I televisori nelle case restano sempre accesi, dal momento che tutti prediligono la finzione scenica alla illusione della realtà.

Bisanzio è un atto di fede, disdegna il gesto pratico, preferisce schierarsi in fazioni: Blu o Verde per le gare dei carri, Uno o Trino per le gare dei teologi.

Il nemico attende alle porte.

Si domanda perplesso se c'è bisogno di lui, e quale il suo significato al cospetto di quelle mura.

E quale quello di Bisanzio, la sorda. Bisanzio la cieca, la ottusa, la antica disperata.

Poi, il primo cannone apre il fuoco contro quelle mura millenarie e tutto, la città, i turbanti nemici, le sacre Icone, le funzioni salmodiate, la porpora imperiale e i colori dei tifosi da stadio.

Tutto scompare nella polvere dei detriti che sgretolano, con troppe parole, la nostra Bisanzio.

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